Dermatite nodulare bovina: blocco delle vendite e rischio crollo dei prezzi. Il Centro Studi Agricoli chiede ammasso pubblico urgente

La dermatite nodulare contagiosa continua a mettere in ginocchio la zootecnia bovina della Sardegna, bloccando la movimentazione dei capi verso il continente e minacciando il collasso del mercato regionale. A lanciare l’allarme è il Centro Studi Agricoli, che chiede un intervento immediato delle istituzioni per salvare centinaia di aziende in difficoltà.

«La Regione e il Ministero devono intervenire subito – dichiara Tore Piana, presidente del Centro Studi Agricoli – con un piano straordinario di ammasso pubblico delle carni bovine sarde. Senza misure urgenti, sarà il tracollo per centinaia di allevatori».

Emergenza bovini: oltre 20.000 capi a rischio invenduto

A causa delle restrizioni sanitarie, gli animali non vaccinati contro la dermatite nodulare non possono essere movimentati al di fuori dell’isola. Di fatto, ciò impedisce la vendita extra-regionale e potrebbe lasciare oltre 20.000 bovini invenduti entro ottobre 2025.

Secondo le stime del CSA, serviranno almeno tre o quattro mesi per completare il ciclo vaccinale necessario a riaprire i flussi commerciali. Un tempo troppo lungo, che rischia di saturare il mercato interno e causare un crollo verticale dei prezzi, al di sotto dei costi di produzione.

Il pericolo speculazioni e il collasso del comparto zootecnico

Nel frattempo, i bovini possono essere macellati solo all’interno della Sardegna, con il rischio di saturare i macelli regionali e innescare un effetto domino: svalutazione delle carni, rischio speculazioni e danni economici irreparabili per le aziende.

«Non possiamo accettare che a pagare siano ancora una volta gli allevatori sardi – continua Piana – già oppressi da costi insostenibili per mangimi, carburanti, farmaci, e da una burocrazia lenta. È il momento di un segnale forte da parte dello Stato».

La proposta: ammasso pubblico e indennizzi immediati

Il Centro Studi Agricoli propone una soluzione immediata e concreta: l’acquisto diretto delle carni da parte dello Stato, da destinare a mense pubbliche, ospedali, scuole, caserme e progetti sociali.

Contestualmente, chiede alla Regione Sardegna e all’Assessorato regionale all’Agricoltura di predisporre indennizzi urgenti per i capi abbattuti e per i danni economici derivanti dal blocco delle movimentazioni.

«Serve una strategia chiara e immediata – conclude Piana –. Se non si agisce adesso, ottobre segnerà la fine della filiera bovina sarda».

Centro Studi Agricoli – Sempre al fianco degli allevatori sardi